“L’esploratrice e scrittrice inglese Freya Stark (Parigi 1893 – Asolo 1993), ultima erede di una stirpe di grandi viaggiatori inglesi da Kipling a Lawrens, è stata una figura leggendaria del nostro secolo per i suoi viaggi avventurosi nel Medio Oriente di cui ha lasciato appassionanti descrizioni nei suoi numerosi libri.
Fu portata ad Asolo, bambina, dai suoi genitori.
Legata alle personalità più in vista del suo tempo, da Churcill alla Regina Madre, dai Marescialli Montgomery, Allemby, Kitchener ed altri, al mitico Lawrence d’Arabia, svolse importanti missioni per il Foreign Office.
Crocerossina sul Carso durante la prima guerra mondiale, la Stark si recò in Oriente nel 1927, organizzando fino al 1937 spedizioni in Libano, Siria, Iraq, Persia ed Arabia. Allo scoppio del nuovo conflitto mondiale fu impegnata nello Yemen e in Egitto.Il dopoguerra la vide viaggiare in tutto il mondo; prima di ritirarsi definitivamente ad Asolo, fu capace di compiere un’ultima spedizione in Nepal all’età di 88 anni. La Città di Asolo le ha donato la cittadinanza onoraria e le chiavi della Città.
Morta nel maggio del 1993, pochi giorni dopo aver compiuto 100 anni, riposa nel cimitero di S. Anna, a pochi passi dalla tomba della Duse, assieme a Herbert Young Hammerton, fotografo e pittore.”
Dopo numerosi passaggi di proprietà, la dimora asolana di Freya Stark , oggi è di proprietà della Famiglia Carron, che ne ha curato il restauro e l’ha riportata in vita.
Fui contattato dall’attuale proprietà per restaurare il giardino, incolto da decenni.
Lo scenario che mi si presentò il primo giorno, varcato il cancello d’entrata, fu come di un pugno allo stomaco. Quando ti manca il fiato per il dolore, ma appena il respiro torna a riempire i polmoni, ti pervade l’energia di chi trova la forza per superare qualsiasi cosa. Rovi, vecchie rose sepolte da malerbe, alberi secolari appesantiti e pericolosi, muri pericolanti, cumuli di detriti e incuria.
Una desolazione edificante. Perché dentro a tutto questo esisteva già un grande giardino. Bastava solo farlo respirare.
Tolti tutti i rovi, tolte tutte le malerbe, tolte tutte le essenze piantumate a caso negli ultimi decenni da persone non rispettose del luogo e della storia in esso racchiusa, tolto tutto il secco dai lecci secolari, potate tutte le alberature, abbiamo rinvasato ogni essenza esistente. Rosa per rosa, cespuglio per cespuglio. Catalogati e messi a riposo per l’inverno.
Grazie ad uno studio di alcuni storici, abbiamo recuperato dai vari scritti del tempo, tutte le varietà presenti in origine ed accumulate negli anni da Freya Stark nei suoi viaggi.
E la primavera successiva abbiamo cominciato le piantumazioni, rispettando le forme, gli spazi, le geometrie. Tutto questo in due anni di lavoro. Rispettando i tempi della natura e assecondando i cicli di un giardino che non poteva rincorrere improvvisamente i tempi moderni. Nella zona del frutteto ho voluto un prato fiorito, visibile dalla strada di accesso alla città, per regalare ai passanti e numerosi turisti, una nuvola di colore naturale.
Nella zona dell’orto, le verdure sono state sostituite da perenni e aromatiche , intatto il glicine ed il melograno a ridosso della serra. Il vialetto che dalla villa porta al cancello inferiore, è stata recuperata con due spalliere di rose e da un percorso fatto di iris.
A maggio questo percorso porta il visitatore oltre ogni immaginaria aspettativa di benessere. E’ percorrendo questo viale che si torna a credere alle favole.
Sotto gli alberi hanno trovato posto Buxus sempervirens , Camellia japonica ‘Alba Simplex’ , Helleborus niger , Hosta sieboldiana e Vinca major.
Tutte le aiuole raccolgono oltre cinquanta varietà di essenze, fra queste: Acquilegia vulgaris ’Alba’ , Allium tuberosum , Campanula persicifolia ‘Alba’ ,Paeonia officinalis ‘Alba Plena’ , Rosa ‘Gloire Lyonnaise’ , Vitis vinifera , Acantus mollis ,Clematis montana ‘Alba’ e molte altre.
La zona archeologica, dove sono presenti dei resti romani, è stata rispettata totalmente e ad essa vi di accede grazie ad un vialetto che conduce all’anfiteatro romano, dove il prato rustico consente di essere spettatori liberi.
Qualche rosa rampicante avvolge le statue e gli alberi che, seppur morti, avrebbero con la loro dismissione, cambiato le forme del giardino originale. La carpinata, ordinata e composta, ha creato un viale ombreggiato che consente di raggiungere l’anfiteatro godendo sempre di ombra e frescura.
La luce, il silenzio, la musica del leccio grande, la voglia di percorrerlo a piedi nudi, la sensazione di essere lontani dal tempo e da ogni luogo, fanno di questo giardino un vero dono per chiunque lo viva.
Lo, che l’ho vissuto giorno per giorno, che ho visto ritornare le rose a sbocciare e il kako a dare numerosi frutti, penso sempre che certi luoghi abbiano una loro forza e che l’unico modo che abbiamo per rispettare il nostro percorso su questa terra, sia quello di tramandare alle generazioni future questi giardini.
In essi è scritto tutto quello che serve per essere cittadini del mondo.